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La limitazione del brevetto in corso di causa

Nel corso di un giudizio il titolare del brevetto oggetto di causa ha la facoltà di limitare l'ambito di protezione del proprio brevetto effettuando un emendamento al set di rivendicazioni ai sensi del dettato dell'art. 79, comma 3, del Codice di Proprietà Industriale (CPI). Nel corso degli anni, la giurisprudenza italiana si è espressa numerose volte su tale norma prevalentemente in senso limitativo di tale facoltà.

Il titolare del brevetto ha la facoltà – ai sensi dell'art. 79 CPI[1] – di limitare l'ambito di protezione del proprio brevetto operando un emendamento al testo delle rivendicazioni (ed eventualmente della descrizione e dei disegni), emendamento che deve essere depositato presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM). Il comma 3 di tale articolo precisa che il titolare può operare una limitazione alle rivendicazioni anche nel corso di un giudizio di nullità.

Le cause che possono portare il titolare di un brevetto a limitare l'ambito di protezione del proprio brevetto possono risiedere : (i) nella scoperta di tecnica anteriore sconosciuta nel corso dell'esame che potrebbe rendere (almeno parzialmente) nullo il brevetto nell'ambito di un eventuale futuro giudizio, oppure (ii) nell'interesse del titolare, all'interno di un giudizio pendente, ad esprimere, seppure su base limitata, la propria volontà di protezione evitando  che l’ambito di tutela del brevetto possa essere ridefinito in sede di giudizio in modo da ritenersi inadeguato (per esempio con una ridefinizione tale da abbracciare solo alcune delle possibili forme di attuazione dell’invenzione).  L'opportunità data dal comma 3 dell'art. 79 CPI è particolarmente interessante per i titolari di brevetti che sono oggetto di causa in quanto consente al titolare di riformulare le rivendicazioni in modo tale da (cercare di) superare le obiezioni di mancanza di novità e/o altezza inventiva che sono o potrebbero essere sollevate nel corso di una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) in vista di documenti di tecnica nota agli atti, depositati dalla controparte. 

L'art. 79 CPI non stabilisce un numero massimo di istanze di limitazione che si possono depositare nel corso di un giudizio di nullità. Al riguardo i giudici italiani hanno espresso nel corso degli anni opinioni parzialmente divergenti.

È infatti accaduto[2] che un titolare provvedesse al deposito di quattro istanze di limitazione in diverse fasi del giudizio e che il giudice provvedesse a disporre tre consulenze tecniche d'ufficio e rimettere in istruttoria il giudizio stesso per ben due volte. Nella relativa sentenza i giudici hanno stabilito che il titolare ha la facoltà di riformulare le rivendicazioni senza limiti in merito alla fase processuale, al grado del giudizio ed al numero di istanze di limitazione, affermando che "il giudice, di qualunque grado sia (di merito e di legittimità), non può che prenderne atto, essendosi avuta una limitazione dell’oggetto della domanda mediante disposizione del diritto controverso. È questione di disposizione del diritto sostanziale, sempre riconosciuta alla parte". Essi hanno tuttavia dichiarato che la facoltà di riformulazione "non può essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma deve esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate". Conclusioni che sono richiamate anche nella sentenza di primo grado del Tribunale di Milano n. 8438/2019 del 9 maggio 2019 in relazione alla causa con n. 24649/2016 R.G..

Più recentemente i giudici, ed in particolare quelli del Tribunale di Milano, paiono orientati a porre un tetto al numero di istanze di limitazione che un titolare può presentare nell'ambito di un giudizio.

La sentenza n. 1631/2022 della Corte di Appello di Milano pubblicata il 16 maggio 2022 nell'ambito del procedimento n. 2332/2021 R.G. stabilisce, infatti, che la riformulazione delle rivendicazioni in corso di causa è un diritto sostanziale riconosciuto alla parte di cui il giudice deve prendere atto "purché esercitata con modalità non abusive e compatibilmente con il principio costituzionale del giusto processo, attesi gli accertamenti peritali che normalmente si rendono indispensabili per la natura tecnica della materia successivamente all'esercizio di tale diritto". In tale sentenza i giudici osservano che il testo dell'art. 79, comma 3, CPI "fa riferimento alla facoltà di proporre "una" riformulazione delle rivendicazioni (e non più)", lasciando intendere che il titolare possa richiedere una sola limitazione del proprio brevetto nell'ambito di un giudizio di nullità. Nel caso in questione i giudici hanno rigettato l'istanza di limitazione presentata dal titolare nel corso del giudizio di secondo grado (già rigettata in primo grado) affermando che tale richiesta avesse un carattere meramente strumentale ed hanno concluso dicendo che "il giudizio di merito brevettuale dovrebbe, almeno di norma, caratterizzarsi come mezzo di accertamento della validità della privativa, piuttosto che come luogo ove quest'ultima effettivamente si costituisce"[3].

È stato altresì stabilito dal Tribunale di Milano con l'ordinanza n. 9844/2021 del 29 novembre 2021 che non è ammissibile presentare un'istanza di limitazione nel corso di un procedimento cautelare considerando il dettato del comma 3 dell'art 79 CPI, che specifica che la limitazione può essere presentata nel corso di un "giudizio di nullità". Il giudice adito ha altresì richiamato quanto già stabilito in una precedente sentenza[4] del medesimo Tribunale ove si legge che l'art. 79 CPI costituisce "norma speciale che confligge gravemente con i principi generali del processo e rischia di mettere in discussione anche la garanzia costituzionale di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. e pertanto la facoltà contemplata non è espressione del generale principio secondo cui è sempre ammessa la rinuncia delle domande già formulate, in quanto non semplifica l’attività istruttoria, bensì introduce nuovi temi di indagine, modificando radicalmente l’oggetto della controversia" (nostra enfasi).

Dalle citazioni delle precedenti sentenze sembrerebbe che i giudici italiani auspichino un limitato ricorso all'istanza di limitazione di un brevetto nel corso di un giudizio di nullità. È quindi consigliabile per i titolari di un brevetto che sia oggetto di una causa, in cui la controparte richiede che venga dichiarata la nullità del titolo, procedere al deposito di una (sola) istanza di limitazione e non ad una serie di tali istanze per evitare che un giudice rifiuti di accettarle.

Cristina Freyria Fava

  

[1]           L'articolo 79 CPI recita:

1. Il brevetto può essere limitato su istanza del titolare, alla quale devono unirsi la descrizione, le rivendicazioni e i disegni modificati.
2. Ove l'Ufficio italiano brevetti e marchi accolga l'istanza, il richiedente dovrà conformarsi alle disposizioni regolamentari relative alla ripubblicazione del brevetto e al pagamento dei relativi diritti, ove previsti.
3. In un giudizio di nullità, il titolare del brevetto ha facoltà di sottoporre al giudice, in ogni stato e grado del giudizio, una riformulazione delle rivendicazioni che rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto quale inizialmente depositata e non estenda la protezione conferita dal brevetto concesso.
3-bis. Ove intervenga sia una limitazione del brevetto europeo a seguito di una procedura di limitazione di cui alla Convenzione sul brevetto europeo, sia una limitazione dello stesso brevetto europeo con effetto in Italia a seguito di una procedura nazionale, l'ambito di protezione conferito dal brevetto è determinato tenuto conto di ciascuna delle limitazioni intervenute.
4. L'Ufficio italiano brevetti e marchi pubblica sul Bollettino la notizia della limitazione del brevetto.

 

[2]           Sentenza n. 490/2017 della sezione specializzata in materia di impresa A del Tribunale di Milano.

[3]           Questo criterio appare difficilmente conciliabile con la prassi adottata in sede di opposizione di fronte all’Ufficio Europeo dei Brevetti, ove è pratica normale per il titolare del brevetto opposto proporre una domanda principale (main request) con una prima formulazione delle rivendicazioni, proposta per il mantenimento del brevetto in forma modificata, e una serie di richieste ausiliarie (auxiliary request), suscettibili di contarsi nell’ordine delle decine, destinate a essere prese ordinatamente in conto per il possibile mantenimento del brevetto in forma ulteriormente modificata. Analogo criterio (auxiliary request multiple) pare destinato a essere applicato in sede di azione di revoca di fronte al Tribunale Unificato dei Brevetti destinato a divenire operativo nel corso del 2023.  

[4]           Trib. Milano, sentenza n. 7643 del 19 giugno 2015, in procedimento RG. 59505/2009.

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